«Anche se io personalmente ritengo che il ciberspazio rappresenti la fine della nostra specie».
«E perché?».
«Perché implica la fine dell’innovazione», spiegò Malcolm.«Quest’idea di un mondo interamente cablato significa morte di massa. Tutti i biologi sanno che piccoli gruppi in isolamento si evolvono rapidamente. Metti mille uccelli su un’isola in mezzo all’oceano e la loro evoluzione sarà rapida. Ne metti diecimila su un continente, e l’evoluzione rallenta. Ora, nella nostra specie l’evoluzione si verifica soprattutto attraverso il comportamento. Per adattarci noi lo mutiamo. E, come tutti sanno, l’innovazione si verifica solo in gruppi ristretti. Se hai una commissione formata da tre persone, forse qualcosa si riesce a fare. Con dieci, diventa più difficile. Con trenta, tutto si blocca. Con trenta milioni, diventa impossibile. Questo è l’effetto dei mass media: far sì che nulla succeda. I mass media soffocano la diversità. Rendono uguali tutti i posti, da Bangkok a Tokyo a Londra. C’è un McDonald’s in un angolo, un Benetton in un altro, un Gap all’altro lato della strada. Le diversità regionali spariscono. Tutte le differenze si annullano. In un mondo dominato dai mass media, tutto viene a scarseggiare, tranne i dieci libri, i dieci dischi più venduti, i film più visti e le idee più correnti. La gente si preoccupa perché nella foresta pluviale la diversità delle specie è in diminuzione. Ma che dire della diversità intellettuale, che è la risorsa più necessaria? Quella sparisce ancora più in fretta degli alberi. Ma noi non l’abbiamo ancora capito, e così contiamo di unire cinque miliardi di persone nel ciberspazio. E questo congelerà tutta la specie. Tutto si bloccherà. Tutti penseranno le stesse cose nello stesso momento. L’uniformità globale.».
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