Finalmente, dopo alcuni mesi in cui sono entrato nel magico mondo dei linguaggi funzionali, prima con il corso di sistemi distribuiti e poi con la tesi, inizio ad entrare nella mentalità come si deve, e devo ammettere che le soddisfazioni non si fanno attendere!
Dopo aver infatti passato i primi tempi a riscrivere le funzioni di base (per la gestione di liste e dizionari), ora uso le librerie più adatte, e la produttività ne risente: lunedì mattina ho rifatto un modulo come server, utilizzando i behaviour di Erlang (una sorta di design pattern), così da sfruttare i sistemi di gestione dei crash (e degli aggiornamenti automatici, ma su quelli non sono ancora entrato nel merito), e le soddisfazioni sono state decisamente alte.
Insomma, consiglio a tutti quelli che non hanno mai provato, di studiarsi un po’ (magari a tempo perso) questo paradigma, parecchio diverso dal solito ma altrettanto interessante e curioso (to say the least); d’altronde, perfino Stroustrup consiglia di provare cose diverse!
Peraltro, il mese prossimo parte un corso breve sui linguaggi funzionali: prima la pratica e poi le basi teoriche…
Intendi dire il funzionale o il modello a behaviour di Erlang?
Dalla Wikipedia sembrerebbe che per fare il funzionale basta scrivere codice a forza di list comprehensions…
Eh, e chiamalo poco!
Intendo il modello funzionale, comunque…
Alle list comprehensions aggiungerei anche il fatto che non esistono oggetti, che le variabili sono ad assegnamento unico… (almeno, in Erlang)
…beh, agli effetti il map reduce brevettato da Google -è- f1([f2(x) for x in data]).
Boh, più passa il tempo più uso le list comprehensions dove possibile (= non ovunque) per il semplice fatto che sono espressive, compatte e veloci.
…o forse semplicemente perchè gli oneliner in Python fanno figo 😀
Bè, allora potresti provare un linguaggio funzionale! In fondo già sei un po’ nella mentalità… 🙂