Ecco il corredo del buon chitarrista: non è spettacolare il capotasto mobile (che io continuo a chiamare barré, come si chiama la medesima azione fatta con l’indice della mano sinistra… deformazione professionale) della Dunlop?
Ma non siamo qui per parlare di questo, quanto dell’oggettino sulla sinistra: il famigerato slide. Dopo mesi che l’avevo acquistato e subito accantonato, anche perchè sulla chitarra acustica che ho qui a Milano fa un suono non proprio entusiasmante (che fosse meglio quello in vetro?), lo scorso weekend ho deciso di riprenderlo in mano, ed ho suonato per 4 giorni di fila quasi esclusivamente “Seven nation army” e “Catch the rainbow”, usando lo slide appunto.
Il risultato non è stato malaccio, e la leggera mancanza di precisione, che fa rassomigliarne l’uso al suonare un violino, con la necessità continua di correggere la posizione (vibrato essenzialmente), non è così terribile, specie nelle note ravvicinate: è presente infatti non solo in Jack White, che anzi fa della sua non sempre precisa posizione un tono caratteristico, ma anche nel buon Ritchie nella versione studio della seconda canzone (nei live che trovate su Youtube non usa lo slide).
Ora sto per aggiungere il terzo brano, che naturalmente non può che essere “Scar tissue”, ma devo riprenderlo un momento perchè non lo suono da una vita; l’unica differenza in questa terza canzone è che, a differenza delle altre due, qui sarebbe necessario anche l’uso del mignolo della mano sinistra, dito in cui porto lo slide stesso, data la presenza di un Fa maggiore: toccherà suonarlo solo su 4 corde, così da ovviare al problema.
Sorvolando su White, che va di powerchord quindi bastano tre dita (se non due), Ritchie era stato molto più furbo: solo open chords, così da evitarsi il problema…
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